mercoledì 7 ottobre 2009

martedì 6 ottobre 2009

"Bambini Indaco e Cristallo" di Doreen Virtue:

“La prima cosa che la maggior parte della gente nota nei Bambini Cristallo sono i loro occhi, grandi, penetranti e saggi al di là della loro età. I loro occhi vi incantano e vi ipnotizzano, mentre vi rendete conto che la vostra anima viene messa a nudo, affinché il bambino possa vederla. Forse avete notato questa nuova “razza” speciale di bambini che sta rapidamente popolando il nostro pianeta. Sono felici, deliziosi e inclini al perdono. Questa generazione di nuovi Lavoratori di Luce ha un’età compresa tra 0 a 7 anni, ed è diversa da tutte le altre generazioni precedenti. Ideali in molti modi, essi sono coloro che indicano ciò verso cui l’umanità si sta dirigendo... ed è una buona direzione! I bambini più grandi (approssimativamente di età dai 7 ai 25 anni), chiamati “Bambini Indaco”, condividono alcune caratteristiche con i Bambini Cristallo. Entrambe le generazioni sono molto sensibili e sensitive, ed hanno propositi di vita importanti. La differenza principale è il loro temperamento. Gli Indaco hanno uno spirito guerriero, poiché il loro proposito collettivo è di spazzare via tutti i vecchi sistemi che non ci servono più. Essi sono qui per sovvertire i sistemi legali, educativi e governativi che mancano d’integrità. Per adempiere a questo fine, hanno bisogno di un carattere forte e di una fiera determinazione.
Gli adulti che resistono al cambiamento e che danno importanza al conformismo possono fraintendere gli Indaco. Essi vengono spesso etichettati con diagnosi psichiatriche di Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività (ADHD= Attention Deficit Hyperactivity Disorder) o Disturbo da Deficit dell’Attenzione (ADD=Attention Deficit Disorder). Purtroppo, se curati in tal senso, spesso gli Indaco perdono la loro meravigliosa sensibilità, i doni spirituali e l’energia combattiva... Al contrario, i Bambini Cristallo sono deliziosi e tranquilli. Occasionalmente possono avere degli attacchi d’ira, ma questi bambini sono molto comprensivi e accomodanti. I Cristallo sono la generazione che beneficia dell’innovazione degli Indaco. Prima, i Bambini Indaco aprono la strada con un machete, tagliando tutto ciò che manca d’integrità, poi i Bambini Cristallo seguono il sentiero ripulito, per condurci in un mondo più sicuro.
I termini “Indaco” e “Cristallo” sono stati attribuiti a queste due generazioni perché descrivono in modo più accurato i loro colori aurici e i loro schemi energetici. I bambini Indaco hanno molto blu indaco nelle loro aure. Questo è il colore del “chakra del terzo occhio”, che è il centro energetico al centro della fronte, situato fra le sopracciglia. Questo chakra regola la chiaroveggenza, o la capacità di percepire l’energia, le visioni e gli spiriti. Molti dei bambini Indaco sono chiaroveggenti.
I Bambini Cristallo hanno aure opalescenti, multicolori, dai bellissimi toni pastello. Questa generazione è affascinata anche dai cristalli e dalle pietre....
I Bambini Indaco percepiscono la disonestà, come un cane percepisce la paura. Gli Indaco capiscono quando una persona mente, quando vengono trattati con condiscendenza o manipolati. E poiché il loro proposito collettivo è quello di introdurci in un nuovo mondo d’integrità, il loro sistema di rilevazione di menzogne è integrale. Come sopra menzionato, lo spirito guerriero fa paura a molti adulti e gli Indaco non sono in grado di conformarsi a situazioni destabilizzanti a casa, al lavoro o a scuola. Non hanno la capacità di dissociarsi dalle loro sensazioni e far finta che vada tutto bene... a meno che non siano sedati o trattati farmacologicamente.
Anche i doni spirituali innati dei Bambini Cristallo vengono fraintesi. Nella fattispecie, le loro capacità telepatiche che li portano ad un uso tardivo della parola.
Nel nuovo mondo che gli Indaco stanno introducendo,a livello intuitivo saremo tutti molto più consapevoli dei nostri pensieri e sensazioni. Non faremo più molto affidamento sulla parola scritta o orale. La comunicazione sarà più veloce, più diretta e più onesta, poiché sarà da mente a mente. Già da ora, un crescente numero di noi sta entrando in contatto con le proprie capacità psichiche. Il nostro interesse verso il paranormale è al livello più alto mai raggiunto prima, accompagnato da libri, spettacoli televisivi e film sull’argomento.
Quindi, non deve stupire che la generazione successiva agli Indaco sia incredibilmente telepatica. Molti Bambini Cristallo hanno ritardato gli schemi del linguaggio, e per loro non è insolito aspettare fino ai 3 o 4 anni per cominciare a parlare. Ma i loro genitori mi dicono che non hanno problemi a comunicare con i loro silenziosi figli. Tutt’altro! I genitori intraprendono una comunicazione mente-a-mente con i loro Bambini Cristallo ed essi utilizzano una combinazione di telepatia, di personale linguaggio gestuale, e di suoni (canzoni incluse) per trasmettere il loro messaggio.
I problemi arrivano quando i Cristallo vengono giudicati dal personale medico e scolastico come portatori di schemi di linguaggio “anormali”. Non è una coincidenza che, dall’accresciuto numero di nati Cristallo, le diagnosi di autismo siano arrivate a livelli record.
E’ vero che i Bambini Cristallo sono diversi dalle altre generazioni, ma perché abbiamo bisogno di rendere patologiche tali differenze? Se i bambini riescono a comunicare bene a casa, e i genitori non riferiscono nessun problema... allora perché cercare di renderlo un problema? Il criterio diagnostico dell’autismo è abbastanza chiaro. Si definisce come autistica una persona che vive nel proprio mondo, ed è sconnessa dagli altri. La persona autistica non parla a causa della sua indifferenza verso la comunicazione con gli altri.
I Bambini Cristallo sono quasi l’opposto. Sono i bambini più connessi, comunicativi, attenti e affettuosi di qualsiasi generazione. Sono anche dotati sotto il profilo filosofico e spirituale e manifestano verso questo mondo un livello di gentilezza e sensibilità senza precedenti. I Bambini Cristallo abbracciano e spontaneamente manifestano affetto alle persone bisognose. Una persona autistica non lo farebbe!
Nel mio libro “La Cura e l’Alimentazione dei Bambini Indaco”, ho scritto che l’acronimo ADHD dovrebbe significare Attention Dialed into a Higher Dimension (Attenzione Sintonizzata ad una Dimensione Superiore). Questo descriverebbe più accuratamente questa generazione. Allo stesso modo, i Bambini Cristallo non meritano l’etichetta di autistici. Non sono autistici! Sono meravigliosi!
Questi bambini sono degni di meraviglia, non di etichette di disfunzione. Se c'è qualcosa di disfunzionale, sono i sistemi che non si adattano alla continua evoluzione della specie umana. Se disonoriamo i bambini con etichette, o li sediamo per sottometterli, avremo minato le basi di un dono mandato dal cielo. Annienteremo una civiltà prima che abbia il tempo di mettere radici. Per fortuna, esistono molte soluzioni ed alternative positive e lo stesso cielo che ci ha mandato i Bambini Cristallo aiuterà quelli di noi che dovranno proteggere questi bambini...

lunedì 5 ottobre 2009

L'allegoria del serpente

Un detto arabo diceva: "kâna el-insana hayyatan fi-l qidam", cioè " una volta l'uomo era serpente".
Riguardo al simbolo del serpente Ernst Junger rifletteva:
" Zarathustra amava il serpente; per lui era l’animale più intelligente. Non può aver avuto in mente il serpente del mondo empirico, l’animale conosciuto e descritto dagli anatomisti e dai biologi.

Deve aver subodorato un’intelligenza diversa e un essere altro rispetto a quello che appare nella natura.
Nel serpente sono certamente presenti l’astuzia e l’intelligenza della Madre terra, ma non in misura maggiore che in tutte le altre creature. Non è questa la spiegazione della paura e della venerazione con cui è guardato in Oriente e in Occidente, del rango che lo pone ancora più in alto delle teste degli dèi e dei sovrani o gli insegna un posto ai piedi della croce. Non è neppure la spiegazione dell’orrore del viandante, per quanto intelligente e coraggioso, che posi il piede davanti all’animale che srotola le spire.
Qui deve agire qualcosa di diverso e di più forte, qualcosa che ha conservato, come mistero rivelato, fino alla nostra epoca, la sua immediata capacità di sorprendere.
Nel serpente non sono tanto il veleno, l’immobilità, la mancanza di arti a spaventare. L’impressione è piuttosto di vedere, per un istante, la trama originaria muoversi. Vita e morte si confondono, il terreno diventa insicuro. In ognuno dei pericoli in cui casualmente ci si imbatte, è nascosto il grande, l’unico pericolo.
In questo senso , il serpente è un segno di confine – ma certamente non l’unico. La sua comparsa risveglia una memoria primordiale, la vicinanza di quella trama in cui anche la
differenza tra la vita e la morte scompare, insieme a tutte le differenze. Il velo si fa più sottile, incolore.
Con il serpente, abbiamo dunque di fronte a noi una maschera, e una maschera riuscita in modo eccellente. Il valore che gli è stato attribuito sin dai tempi più antichi ne è la conferma. Il serpente è l’animale degli dei della morte e anche quello di Asclepio – una creatura in cui il veleno raccoglie le sue due potenze, quella di uccidere e quella di risanare. In lui popoli lontani tra loro nel tempo e nello spazio venerano la potenza originaria della Terra. Con lui hanno inizio e si concludono le trasformazioni."

Simbologia del serpente
fonte:  http://www.procaduceo.org/it_home/simbolo/simbolo.htm
"In tutte le civiltà antiche il serpente è stato considerato positivo o negativo: probabilmente per il fatto che può restare immobile, scattare rapidissimamente, uccidere, sparire e rinnovarsi, abbandonando la vecchia pelle.
Troviamo un serpente nel copricapo del Faraone, qui è sinonimo di saggezza e potere. Nella cultura cristiana è simbolo dell'astuzia che incita al peccato: la Vergine lo schiaccia sotto il piede.
Narra la Bibbia: "Il Signore disse a Mosè: 'Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita'. Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta. Quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita" (Num 21:8-9).
Origine del Caduceo
Narra la leggenda che Mercurio (Hermes), il messaggero degli dei, ricevette un bastone da Apollo. Quando giunse in Arcadia, gli si pararono innanzi due serpenti che si divoravano a vicenda, allora egli gettò il bastone tra loro ed essi si riappacificarono. Da questa leggenda è nato il simbolo del Caduceo, un segno di pace rappresentato da un bastone con due ali aperte e due serpenti attorcigliati che si guardano l'un l'altro.
Per questa ragione, nell'antica Grecia, il Caduceo divenne il simbolo degli araldi negoziatori di pace. Mentre, in origine, doveva proteggergli dai pericoli presenti nei territori stranieri, divenne poi un generico segno di pace. Lo si è anche considerato simbolo dell'equilibrio morale e della condotta esemplare: il bastone esprime il potere; i due serpenti la sapienza, le ali la diligenza, e l'elmo è l'emblema dei pensieri elevati. Gli sono stati attribuiti altri molteplici valori, dalla fecondità-fertilità, alla medicina (anche oggi viene talora utilizzato come insegna dell'attività farmaceutica).
Astronomicamente, la testa e la coda dei due serpenti rappresentano i punti dell'eclittica in cui il Sole e la Luna si incontrano, quasi in un abbraccio.
Metafisicamente, il Caduceo rappresenta la discesa della materia primordiale nella materia grossolana. In tale simbolo, infatti, è rappresentato il pellegrinaggio dell'involuzione e dell'evoluzione, oltre al sentiero diritto dell'iniziazione.
Fisiologicamente, invece, rappresenta le correnti vitali che scorrono nel corpo umano. Per tale ragione Madame Blavatsky chiama l'Albero della Vita il Bastone del Caduceo. Di esso scrive: "I due serpenti sono lo spirito e la materia le cui due teste crescono da un'unica testa, le due code si uniscono sulla terra in una (realtà e illusione)...".
L'asse centrale simbolizza perciò la colonna vertebrale, e i due serpenti che vi si avvolgono alludono all'ascensione dell'energia latente e attorcigliata su se stessa, che si trova alla base della spina dorsale dell'uomo (la Kundalini).
Asclepio, dio della Medicina
Vi è un altro personaggio della mitologia greca, Asclepio, dio della Medicina, che portava il Caduceo. In realtà egli era un semidio, figlio di Apollo e di Coronide figlia del re dei Tessali. La stessa Coronide venne in seguito uccisa da Apollo per mezzo di Artemide, perché lo tradì con un comune mortale.
Asclepio, nato dall'unione tra Apollo e Coronide, fu allevato dal centauro Chirone che ne fece un terapeuta insegnandogli l'arte di guarire. Da adulto divenne un validissimo medico, ma, preso dall'ambizione, si mise a resuscitare i morti. Questo modo di agire non piacque alla regina Ade, dea degli inferi, che se ne lamentò con Giove, il quale, irato per tanta presunzione, lo uccise con una saetta.
Va sottolineato che il Caduceo usato da Asclepio era rappresentato da un solo serpente attorcigliato al bastone, mentre il logo usato dalle Associazioni mediche internazionali ha preferito quello di Mercurio con due serpenti. Forse per rappresentare la lotta tra malattia e guarigione, tra Yin e Yang, tra la vita, la morte e la rinascita; rinascita vista come fenomeno metafisico od anche psicologico, in cui il rinnovamento comporta l'abbandono della "vecchia pelle", composta di abitudini, pregiudizi e preconcetti."

Lo stendardo dei daci rappresentava un lupo con il corpo di dragone. Molto probabilmente l'introduzione dello stendardo previsto di "draco" nell'esercito romano del Basso Impero si deve all'influenza dei daci.

L'utilizzo del serpente-dragone sullo stendardo dei daci potrebbe provare che all'origine questi erano un popolo di iniziati nei segreti della Kundalini rappresentata dal serpente.
Nelle rappresentazioni artistiche, il serpente edenico compare attorcigliato intorno al tronco dell' Albero della Vita.
La mitologia cristiana ci presenta San Giorgio su un cavallo di fuoco che trafigge il drago con una lancia e lo appunta a terra..
Il cavallo di fuoco potrebbe essere il simbolo di Kalki il padrone del Sahasrara. La lancia simbolizza l'irruzione della Kundalini attraverso la colonna vertebrale (la lancia) e la fissazione di quest'energia nel Muladhara, il chakra radice che corrisponde all'elemento terra.
Gheorghios (gr.) significa lavoratore della terra.
Nella mitologia greca incontriamo Pitone, un drago-serpente, figlio di Gea, prodotto dal fango dopo il Diluvio Universale. Custodiva l'Oracolo di Delfi. Morì in seguito ad un epico combattimento contro Apollo che, per questo, si impossessò dell'oracolo e diede alla sacerdotessa il nome di "Pizia" (Pitonessa).

Manawee, storia afro-americana

C'era una volta un uomo che corteggiava due sorelle gemelle. Ma il loro padre gli disse: “Non potrai averle in moglie finché non ne indovinerai i nomi”. Manawee provava ma non riusciva a indovinare i nomi delle due sorelle. Il padre delle giovani scuoteva il capo e ogni volta lo mandava via.
Un giorno Manawee portò con sé il suo cagnolino, il quale si avvide che una sorella era più graziosa e l'altra era più dolce. Sebbene nessuna delle due sorelle possedesse tutte le virtù, al cagnolino piacevano moltissimo perché gli diedero delle leccornie e gli sorrisero guardandolo negli occhi.
Anche quel giorno Manawee non riuscì a indovinare i nomi delle giovani, e se ne tornò tristemente a casa. Ma il cagnolino tornò correndo alla capanna delle giovani. Poggiò l'orecchio sotto un muro e udì le ragazze che tra loro dicevano quanto era bello e virile Manawee. Intanto si chiamavano per nome, e il cagnolino udì e corse il più velocemente possibile per riferire tutto al suo padrone.
Ma accanto al sentiero un leone aveva lasciato un grosso osso con un bel po' di carne; il cagnolino ne sentì immediatamente l'odore, e senza pensarci un attimo si lanciò nella giusta direzione. Con enorme piacere divorò la carne e leccò l'osso finché non ebbe più alcun odore. Oh! il cagnolino d'improvviso si ricordò della missione incompiuta, ma purtroppo nel frattempo aveva dimenticato i nomi delle giovani. Di nuovo corse alla capanna, e questa volta era notte e le giovani si ungevano l'un l'altra braccia e gambe, preparandosi forse a una cerimonia. Di nuovo il cagnolino le udì chiamarsi per nome. Fece un salto per la felicità, e riprese la corsa verso la capanna di Manawee, ma dai cespugli venne un profumo di noce moscata. Non c'era nulla al mondo che il cagnolino amasse più della noce moscata. Subito deviò in quella direzione, e trovò una bella torta ai mandarini cinesi messa a raffreddare su un ceppo. In men che non si dica la torta non c'era più, e il cagnolino aveva l'alito profumato di noce moscata. Mentre trotterellava verso casa con la pancia piena, cercò di rammentarsi i nomi delle giovani, ma ancora una volta li aveva dimenticati. Così il cagnolino tornò di corsa alla capanna, e questa volta le due sorelle si stavano preparando per le nozze. “Oh, no!” pensò il cagnolino, “il tempo stringe”. E quando le sorelle si chiamarono per nome, il cagnolino si ficcò i loro nomi in testa e corse via, assolutamente e risolutamente deciso a non farsi sviare da nulla e a dire subito i due preziosi nomi a Manawee.
Il cagnolino intravide della cacciagione sul suo cammino, ma la ignorò. Gli parve di sentire un vago odore di noce moscata nell'aria, ma ignorò anche quello e corse a tutta velocità dal suo padrone. Ma il cagnolino fu colto di sorpresa da un estraneo tutto nero che sbucò dalle siepi e lo afferrò per la collottola e lo scosse così brutalmente che quasi gli cascava la coda.
Perché proprio questo accadde, e lo straniero continuava a urlare: “Dimmi quei nomi! I nomi delle due giovani, così le vincerò”.
Il cagnolino temeva di svenire tanto era dolorosa la stretta, ma lottò coraggiosamente: ringhiò, graffiò, scalciò, e alla fine morse il gigantesco straniero tra le dita, e i suoi dentini pungevano come vespe. Lo straniero urlò rabbiosamente, si agitò come un bufalo, ma il cagnolino non mollò la presa. Lo straniero si buttò tra i cespugli con il cagnolino che gli spenzolava dalla mano.
“Lasciami, lasciami andare, cagnolino, e io lascerò andare te”, pregò lo straniero nero. E il cagnolino brontolò tra i denti: “Non farti più rivedere, altrimenti non vedrai mai più l'alba”. E così lo straniero si diede alla fuga, gemendo e lamentandosi. E il cagnolino un po'correndo e un po' zoppicando riprese la strada per raggiungere Manawee. Sebbene sanguinasse e gli dolessero le mandibole, i nomi delle giovani erano ben chiari nella sua mente, e saltò in braccio a Manawee tutto contento. Manawee gli lavò le ferite, e il cagnolino gli raccontò tutta la storia e gli disse i nomi delle due sorelle. Manawee corse dunque al villaggio delle giovani portandosi sulle spalle il cagnolino, le cui orecchie fluttuavano nell'aria come code di cavallo.
Quando Manawee arrivò dal padre con i nomi delle due figlie, le gemelle ricevettero Manawee vestite di tutto punto per mettersi in viaggio con lui: non avevano mai smesso di aspettarlo. Ecco come Manawee conquistò due delle più belle ragazze della regione. E tutti e quattro, le due sorelle, Manawee e il cagnolino vissero insieme felici e contenti per tanto tanto tempo.

La duplice natura delle donne:
Questa storia rivela un antichissimo segreto: per conquistare il cuore della donna selvaggia, un compagno deve comprenderne sempre meglio la naturale dualità. Se etnologicamente possiamo figurarci le due donne come promesse spose in una cultura poligamica, in una prospettiva archetipica la storia parla del mistero di due potenti forze femminili in una stessa donna.
La storia di Manawee contiene i fatti fondamentali per arrivare all'intimità con la donna selvaggia. Grazie al cane fedele, Manawee indovina i due nomi, le due nature del femminino. Non potrà vincere se non risolverà il mistero, e per farlo deve ricorrere al suo io istintuale - l'io-cane. Con la donna selvaggia si è in effetti in presenza di due donne: un essere esterno e una "creatura" interiore, una che vive nel mondo di sopra, e una che vive in un mondo non facilmente visibile. L'essere esterno vive alla luce del giorno ed è facile osservarlo. E' spesso pragmatico, acculturato e molto umano. La creatura, per contro, spesso sale in superficie arrivando da molto lontano, apparendo e rapidamente scomparendo, lasciandosi sempre dietro una sensazione: qualcosa di sorprendente, originale, sapiente.
La comprensione di questa duplice natura talvolta induce gli uomini, e persino le donne, a chiudere gli occhi e a chiedere aiuto al cielo. Il paradosso della natura gemella delle donne è che quando un lato è più freddo, l'altro è più caldo. Quando uno è più indugiante e ricco nella relazione, l'altro può talvolta essere glaciale. Spesso un lato è più felice ed elastico, mentre l'altro tende al “Non so”. Uno può essere solare, l'altro agrodolce e meditabondo. Queste “due-donne-che-sono-una” sono elementi separati ma congiunti che
si combinano in migliaia di modi.
Il potere del Nome.
Il nominare una forza, una creatura, una persona o una cosa presenta vari connotati. Nelle culture in cui i nomi sono accuratamente scelti per i loro significati magici o augurali, conoscere il vero nome di una persona significa conoscere il modo di vita e gli attributi che ha l'anima di quella persona. E il motivo per cui il vero nome è spesso tenuto segreto è di proteggere colui che quel nome porta affinché possa crescere nel potere del nome, affinché nessuno lo denigri o lo distragga da esso, e l'autorità spirituale della persona
possa svilupparsi appieno.
Nelle favole e nei racconti popolari al nome si aggiungono parecchi altri aspetti, e questi per l'appunto operano nel racconto di Manawee. Se in alcuni racconti i protagonisti cercano di sapere il nome di una forza malevola per acquisire su di essa potere, più spesso si vuol conoscere il nome per riuscire a convocare quella forza o persona, per chiamarla accanto a sé e avere con lei una relazione.
Nel racconto di Manawee, infatti, questi va avanti e indietro, facendo sinceri sforzi per attrarre a sé il potere del Due. E' interessato a nominare le due sorelle "non" per impadronirsi del loro potere ma piuttosto per conquistare un suo potere "pari" al loro.
Sapere i nomi significa conquistare e conservare la consapevolezza della natura duale. Per quanto lo si desideri e si ricorra a tutta la propria forza, non si può avere una relazione in profondità senza conoscere i nomi. Indovinare i nomi della natura duale, delle due sorelle, è inizialmente un compito altrettanto difficile sia per le donne sia per gli uomini. Ma non deve crearsi angoscia. Se siamo interessati a scoprire i nomi, siamo sulla strada giusta. E quali sono i nomi esatti di queste due sorelle simboliche nella psiche femminile?
Ovviamente variano da una persona all'altra, ma in qualche modo tendono a essere opposti. Come spesso avviene nel mondo naturale, a tutta prima possono apparire tanto vasti da essere privi di modello o di ripetizione. Ma l'osservazione ravvicinata della natura duale, porre domande e ascoltare le risposte riveleranno presto un modello, ampio, è vero, ma dotato della stabilità del flusso e riflusso delle onde; le alte e le basse maree sono prevedibili, si possono disegnare mappe delle correnti più profonde.
Dire il nome di una persona è come esprimere un augurio o benedirla. Noi nominiamo questi duplici temperamenti in noi medesime per sposarci a essi. Nominando scopriamo significati personali e nascosti e la selvaggia bellezza della femminilità, indipendentemente dalle personalità dei nostri opposti. Questo nominare e sposare si chiama, in parole umane, amore di sé. Quando si dà tra due persone diverse si chiama amore per un altro.
Manawee cerca ma non riesce a indovinare i nomi delle gemelle ricorrendo soltanto alla sua natura mondana. L'io-cane agisce al servizio di Manawee. Le donne spesso desiderano follemente un compagno dotato di questa resistenza e dello spirito per continuare a cercare di comprendere la loro natura profonda. La donna che trova un compagno fatto di questa sostanza gli resta fedele e lo ama per tutta la vita.
Nel racconto il padre delle gemelle ha la funzione di custode della coppia mistica. Simboleggia un tratto intrapsichico che assicura l'integrità delle cose “insieme”, non separate. Controlla inoltre la dignità, la “giustizia” del corteggiatore. E' un bene per le donne avere un siffatto osservatore.
In questo senso si potrebbe dire che una psiche sana valuta i nuovi elementi che chiedono di esservi immessi; che la psiche ha una sua integrità, una capacità di screening. Una psiche sana che contiene un guardiano paterno non ammette qualsiasi pensiero, atteggiamento o persona, ma solamente quelli che sono coscienti o lottano per essere tali.
Dice il padre delle due sorelle: “Aspetta. Finché non riuscirai a convincermi che sei veramente interessato a conoscerne la vera essenza - i nomi veri - non avrai le mie figlie”. Dice il padre: non puoi comprendere i misteri femminili solo ponendo domande. Prima devi darti da fare. Devi faticare. Devi avvicinarti ancora di più alla verità vera di questo enigma dell'anima femminile, e questo sforzo è nel contempo una discesa e un enigma.
La tenace natura canina.
I cani sono generatori di rapporto, è l'altro lato della natura dualistica maschile. E' la natura capace di conoscere la natura selvaggia delle donne.Il cane è simile al lupo, soltanto un po' più civilizzato, ma non molto, come si deduce del resto dalla storia. Questo cagnolino, come psicopompo, è la psiche istintiva. Ode e vede in modo diverso dall'essere umano. Si muove a livelli a cui l'io non penserebbe mai. Ode parole e istruzioni che l'io non può udire. E segue quel che sente.
Una volta, in un museo della scienza di San Francisco, entrai in una sala piena di microfoni e altoparlanti che simulavano l'udito del cane. Quando una palma era agitata dal vento, pareva Armageddon; quando in lontananza si sentivano dei passi, era come se interi sacchi di cornflakes venissero sgranocchiati nel mio orecchio. Il mondo del cane è pieno di suoni da cataclisma, che noi esseri umani non percepiamo affatto.
Dunque l'udito canino supera la gamma dell'udito umano. Questo aspetto medianico della psiche istintuale intuitivamente ode l'opera profonda, la musica profonda, i profondi misteri della psiche femminile. Questa è la natura capace di conoscere la natura selvaggia delle donne.
L'appetito seduttivo.
Non a caso uomini e donne lottano per trovare i lati più profondi della loro natura, eppure si lasciano distrarre da molteplici ragioni, per lo più da piaceri di vario genere. Alcuni diventano dipendenti da questi piaceri e restano per sempre intrappolati, incapaci di continuare il loro lavoro. Anche il cagnolino a tutta prima è distratto dai suoi appetiti. Spesso gli appetiti sono piccoli affascinanti "forajidos", ladruncoli, dediti al furto di tempo e libido. Jung osservava che un certo controllo dev'essere posto sull'appetito umano, altrimenti ci si ferma per qualsiasi osso, per qualsiasi torta. I compagni che, come il cane, cercano di dare un nome alle dualità possono perdere la loro risolutezza e abbandonarsi alle tentazioni che trovano sul loro cammino, specialmente se sono creature funeree o affamate. E possono anche perdere la memoria del loro intendimento. Possono essere tentati/attaccati da qualcosa proveniente dal loro inconscio che desidera imporsi alle donne per approfittarne, oppure sedurre le donne per puro piacere, o nel tentativo di allontanare la vacuità di un cacciatore. Mentre torna dal padrone, il cagnolino è distratto da un osso succulento, e finisce col dimenticare il nome delle giovani...
Il lavoro profondo ha molto in comune con l'eccitazione sessuale. Comincia a livello zero, sale al “plateau”, diventa forte e intensa. Se la fase “plateau” viene bruscamente interrotta, per esempio da un rumore forte e inatteso, improvviso, bisogna ricominciare da capo. Si dà una tensione simile nel lavoro con lo strato archetipo della psiche. Se la tensione viene interrotta, bisogna ricominciare quasi dal nulla. Molte sono le ossa per la strada, succose, deliziose, interessanti, selvaggiamente eccitanti. Ma riescono a produrre l'amnesia, tanto da dimenticare non soltanto a che punto siamo del lavoro, ma perfino di che lavoro si trattava. Saggiamente il Corano dice: “Sarete chiamati a dar conto di tutti i piaceri permessi in vita che non avete goduto mentre eravate sulla terra”. Tuttavia, una cosa buona, in eccesso o in piccola dose, al momento sbagliato può provocare un'imponente perdita di consapevolezza. Allora, ci aggireremo come un professore con la testa tra le nuvole mormorando: “Ma dove diavolo ero?” Ci vogliono settimane, talvolta mesi, per riprendersi da queste distrazioni. Nella storia il cagnolino torna dalle sorelle, ne riode i nomi, riprende la corsa verso casa. Ha l'istinto giusto di tentare e ritentare. Ma la torta lo distrae, e di nuovo dimentica i nomi. Un altro aspetto dell'appetito ha assalito la creatura e l'ha allontanata dal suo compito, cosà il ventre è soddisfatto ma l'anima no. Cominciamo a capire che questo processo di mantenere la consapevolezza, in particolare di non abbandonarci agli appetiti capaci di distrarre mentre cerchiamo di scoprire le connessioni psichiche, è difficile e lungo. Il cagnolino fa di tutto, ma è lunga la strada dall'inconscio archetipo profondo alla mente conscia. E' un lungo percorso giù verso i nomi e poi su verso la superficie. Trattenere la conoscenza nella consapevolezza è difficile quando tante trappole sono tese lungo il cammino. La torta e l'osso rappresentano seduzioni capaci di distrarre, ma a modo loro deliziose: in altri termini, nella psiche di ognuno ci sono elementi tortuosi, ingannevoli, e deliziosi. Sono elementi anticonsapevolezza: prosperano mantenendo le cose oscure ed eccitanti. Talvolta è difficile rammentare a noi stessi che stiamo rinunciando all'eccitamento della luce.
Il cane è il portatore di luce: cerca di portare la connessione conscia alla mistica natura gemellare. Ritmicamente “qualcosa” cerca di impedirlo, qualcosa che non si vede ma che sicuramente ha messo là l'osso e la torta. Indubbiamente è lo straniero scuro, altra versione del predatore naturale della psiche, che si oppone alla consapevolezza. Per via della sua naturale presenza nella psiche, anche quella più sana è suscettibile di perdere il suo posto. Ricordare il vero compito e continuare a rammentarlo a se stessi come in un mantra ci riporterà alla consapevolezza.
La conquista della fierezza.
La psiche sceglie la priorità e riesce a concentrarsi, ora è decisa. Ma ecco che una cosa nera d'improvviso assale il cagnolino, per lui il femminino è una proprietà da vincere e nulla più. Lo straniero può essere una creatura reale del mondo esterno o un complesso negativo interiore. Gli effetti devastanti sono gli stessi. Il cagnolino lotta per conservare i nomi. Mettere il potere nelle mani giuste è importante quanto trovare i nomi.
La donna interiore.
Se una donna vuole un compagno sensibile deve rivelargli il segreto della dualità femminile. Deve parlargli della donna interiore, che insieme a sé fa due. Lo farà insegnando due domande che la faranno sentire guardata, ascoltata, conosciuta: "Che cosa vuoi?", "Che cosa desidera il tuo io più profondo?". Per amare una donna, il compagno deve amarne anche la natura selvaggia.. l'amante più prezioso è colui che desidera imparare. Se c'è una forza che alimenta la radice del dolore, quella è il rifiuto di apprendere ancora. Il buon compagno è colui che continua a tornare per capire e non si lascia scoraggiare.
Se un lato della natura duale femminile si può chiamare Vita, la sorella gemella della vita è una forza detta Morte. La donna selvaggia, l'amante selvaggio, sanno sopportarne la vista. E ne escono completamente trasformati.

Tratto da Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estes