mercoledì 24 marzo 2010

Un altro tempo

C’era una volta, e continuano alcune fiabe rumene, perché se non ci fosse stato, non si sarebbe raccontato…

Dunque c’era una bambina nata e cresciuta in città. Come tanti altri bambini. E come tanti altri bambini ancora , alcuni giorni delle vacanze estive li passava dai nonni, che abitavano pure in città , ma in estate si trasferivano per un periodo in campagna.
La casa dei nonni era quasi in margine al villaggio, dopo il quale iniziava , il parco lo chiamavano, ma era piuttosto un piccolo bosco con un castello dentro , un frutteto , un piccolo cimitero. Una volta erano appartenuti ad un nobile, adesso erano un po’ di tutti. E la bambina ci andava spesso, tante volte col nonno. Al castello c’erano tanti fiori, e sui muri tanti di quelle teste di leoni e ogni volta che li vedeva con la bocca aperta le veniva da infilarci dentro la manina. Tanto non mordevano mai. Poi tra gli alberi le capitava di vedere qualche scoiattolo dalla coda rossa e folta (anni dopo ne avrebbe visti in un posto di montagna una specie più piccola , nera e si chiamavano tutti Marianna), i picchi di cui si dicevano che fossero i dottori degli alberi e le lucciole. A volte ne prendeva qualcuna e la metteva in qualche scatolina trasparente. Pensava dovessero essere contente di avere una loro casetta, poi le scopriva morte e sorgeva il sospetto che non fossero tanto contente di essere inscatolate.
Come quei pulcini tutti morbidi e bellini che tremavano forte, forte quando li prendeva tra le mani. E il gatto che stufo di esser tirato per la coda, graffiava forte e scappava.
Ogni tanto andava col nonno o qualche amica più grande al pozzo per prendere acqua e le dicevano di fare attenzione, non sporgersi troppo, perché la dentro c’era qualcuno che tirava dentro i bambini troppo curiosi. E la bambina ci guardava dentro, e sì, veramente c’era qualcuno là. Ma il pozzo era profondo e non si vedeva bene chi o cosa fosse. Pure la sua voce era diversa quando ci gridava dentro. Comunque si era proposto di guardarci solo quando c’era qualcuno intorno si sa mai…
Poi le avevano detto, ogni qualvolta andava in giro da sola, di salutare le persone anche se non le conosceva. E lei da brava bambina eseguiva. Ma grande era la sua sorpresa quando al suo saluto le persone rispondevano con un grande sorriso e le domandavano di chi fosse. In città si salutavano solo i conosciuti, quali in fretta passavano oltre e quindi questi sconosciuti volevano sapere di lei?
E cosa voleva dire : di chi sei? Era forse di qualcuno?
Una volta , mentre era insieme alla sua amica migliore che abitava nel villaggio, incontrarono una vecchia, vestita in modo strano e con un solo dente. Non fosse stato per il fatto che l’avevano già informata altri bambini che le streghe non esistono , e che era in compagnia, sarebbe scappata dimenticando la buona educazione. Altro che entrare nella casa della signora. E c’era pure il forno! Meglio guardare da un’altra parte. Stupore nel sentire da quella signora, mentre parlava con loro, che anche lei leggeva le fiabe!
Poi c’erano le mucche che la sera facevano ritorno a casa e lei scappava subito nel giardino dei nonni. Si meravigliava di come sapevano venire da sole a casa quelle mucche e fermarsi davanti al cancello dei loro padroni. Aveva sentito l’espressione “ Guardare come la mucca davanti ad un cancello nuovo” e pensava, allora se qualcuno voleva fare uno scherzo e cambiare cancello, chissà se la mucca passava oltre e rimaneva fregata. Tanto a lei facevano un po’ antipatia quelle mucche e a lei non piaceva neanche il latte…
Quando pioveva si metteva in veranda sbirciando tra i grappoli d’uva ancora verdi. Ogni tanto ne assaggiava qualche chicco, brrr, che asproooo.
Il melo nel giardino preparava le sue buone mele, le prugne e le pere si potevano già mangiare. Qualche volta la nonna la mandava a raccogliere una certa pianta che lei chiamava la coda del topolino e usava molto per le tisane.
E la sera si cenava a lume di candela ascoltando i nonni o raccontando la giornata.
E poi si faceva ritorno in città. Di nuovo la scuola, gli amici, i giochi, i libri, il pianoforte…
Ricorda ancora quel giorno , prima delle vacanze estive, di incontro tra i suoi colleghi della classe di pianoforte ed i loro genitori. Si organizzava una festa di fine anno e ognuno doveva esibire un pezzo. La sala era bellissima, con tante luci, specchi, un bel pianoforte nero a coda e tanti fiori intorno.
Che paura quel giorno! La bambina avrebbe voluto scappare, ma non volendo deludere , non ha detto niente e quando è arrivato il suo turno si è alzata e ha suonato come meglio poteva. Finito il pezzo si è sentita di colpo molto sollevata e quando ha sentito gli applausi e qualche “Brava!” le è sembrato di sentirsi in un certo modo, come svegliata in quel momento per il rumore e fatto un inchino se n'è andata molto stranita.
Lasciamo la bambina dentro ai ricordi a continuare le sue scoperte.

Ma è rimasto sospeso in aria quel pensiero della paura e la voglia di fuggire. E se magari tutti gli artisti un giorno scappassero ? “ Spiacenti, stasera niente spettacolo, il protagonista ha troppo paura, si riprova domani. ”
In realtà in tanti lo fanno veramente. Ogni giorno qualcuno scappa, ogni giorno qualcuno evita, qualcuno rinvia per un'altra volta quando si sentirà più preparato, più forte, più coraggioso…
Chissà se poi alla fine del nostro spettacolo ci sembrerà, come alla bambina, di destarci di colpo in un altro tempo, con un forte sentimento di consenso, di piacere condiviso e finita la parte, finalmente la PACE…

Alina