venerdì 16 aprile 2010

Questione di gusti - metafora o riflessione cavallina

Era nato in una fattoria né troppo grande, né troppo piccola, sui 230 cavalli. Lui era Nil, un cavallo bianco, di costituzione piuttosto delicata. Era nato, come avrebbe scoperto più tardi, in cattività, come tutti i cavalli di quella fattoria.
Fin da piccolo aveva seguito diversi corsi di addestramento dove veniva insegnato che in origine le fattorie erano state opera di una certa specie chiamata uomo. Insomma una teoria piuttosto vaga. Alcuni sostenevano che in seguito a cambiamenti climatici, inversione di poli, cambiamenti di frequenza e magnetismo del pianeta, l’uomo sarebbe passato su un altro piano di esistenza, altri invece affermavano che l’uomo fosse scomparso come conseguenza di qualche catastrofe da lui stesso prodotta.
Si raccontava ancora di cavalli liberi ,selvaggi, che l’uomo avrebbe catturato ed addomesticato per le sue necessità. Cavalli capaci di salti e velocità inimmaginabili ai giorni d’oggi, cavalli che fossero stati capaci di trovare una strada anche al buio, presentire terremoti ed altre catastrofi.
Poi appunto la scomparsa dell’uomo dal pianeta e l’evoluzione del cavallo, un cavallo razionale , la specie più evoluta presente sul pianeta.
Vivevano in condizioni assai difficili, in fattorie più o meno grandi coordinate da gruppi di cavalli scelti e fin da piccoli erano insegnati a pregare per il ritorno dell’uomo che avrebbe saputo rimettere ordine e provvedere ai loro bisogni.
Ma sinceramente Nil non credeva all’esistenza di questo meraviglioso uomo.
Era sempre più convinto che il cavallo fosse opera della natura, diciamo un qualche incidente della materia, una combinazione casuale che aveva fatto nascere la materia e le forme di vita esistenti.
A Nil piaceva tanto riflettere e seguiva tanti corsi. Beh, sinceramente a lui piaceva di più la parte teorica, gli piaceva ascoltare, riflettere, per il piano pratico diciamo che non si sentiva portato. Guardava attentamente gli altri, i loro modi di fare, il modo di correre, saltellare, mangiare anche …
Un giorno menato dalla curiosità , dalla noia, e soprattutto per causa di quell’insoddisfazione che si portava dietro da sempre, decise di cambiare fattoria. Altre usanze, altri suoni, però in fondo e in sostanza il cavallo era sempre lo stesso, un’essere complesso, difficile da comprendere. In seguito avrebbe capito che poteva cambiare quante fattorie voleva, avrebbe portato dietro sempre lo stesso Nil, quel cavallo sempre scontento , in cerca di chissà cosa.
In questa nuova fattoria si era ritrovato a seguire un corso assai interessante, un’ adattamento di una tecnica umana (beh, per modo di dire, lui all’uomo non ci credeva mica), un corso di tocco. Si parlava lì di vitalità, di sostegno, ritmi, ascolto, contatto, punti di riferimento, stabilità e movimento, crescita, di energia, di punti vitali…
E lui ne rimase affascinato.
Scopriva che il corpo conservava una sua memoria, la quale si rifletteva nel tono muscolare, nei movimenti, nelle posture, attraverso soglie percettive e sensazioni interne e che certe contratture potevano raccontare di emozioni cristallizzate, di eventi non capiti e conservati come difesa o non accettazione di un qualcosa.
Rifletteva Nil anche sui meccanismi, sui modi di agire, di reazioni condizionate , di automatismi e tattiche nate dalla necessità di tecniche e scorciatoie che permettano il minor sforzo possibile. E ancora voleva capire in qualche modo , che se è vero che tutto cambia in base al punto di riferimento, cosa che implica l’esistenza di più modelli culturali, se giudicare in termini di bene e male, buono e cattivo è piuttosto limitante, beh, se ogni cosa è complementare, allora alla fine, se il giusto e sbagliato sono così relativi, diciamo che in fin de conti le scelte diventano una questione di gusti.
E adesso che si parlava di memoria, ricordava di aver sentito racconti di cavalli che magari in seguito ad un’ incidente perdevano una zampa e loro continuavano a sentirla in qualche modo anche se questa mancava come forma fisica.
Aveva sentito anche di cavalli creduti morti e poi tornati in vita raccontavano di aver visto una luce bianca, di essersi sentiti leggeri senza alcun peso. Ne aveva incontrato anche Nil due di questi cavalli e poteva dire che erano dei tipi molto vivaci, con una grande voglia di vivere, creativi , altruisti e ottimisti.
Quindi ci sarebbe la memoria legata all’emozione e alla ripetitività di un evento, poi la memoria espressa anche nelle contrazioni del corpo, e agire su queste liberare sensazioni e ricordi; una memoria di parti del corpo anche se non più presenti e una memoria di fatti che non dovresti avere in quanto in fase inconscia. E poi ci sarebbe una memoria innata. Allora più memorie sulle quali si formava il carattere e un modello di rappresentazione della realtà.
Di nuovo gli torna in mente quel pensiero:
E se quel cavallo selvaggio, capace di cose oggi impensabili, fosse realmente esistito?
E se questo pensiero fosse in qualche relazione con quella memoria (mente profonda) con programmi di base, la memoria ereditata?
E se fosse possibile ricuperare quelle straordinarie capacità?
Considerare questa possibilità lo faceva stare bene, si sentiva più forte e nuove idee gli venivano incontro.
Così la vita diventava il terreno di manifestazione di infinite possibilità dove le forme di vita sono immagini riflesse su realtà multiforme dentro le quali diventa possibile allargare i propri confini per fare posto a nuove sensazioni, nuovi profumi e sapori ancora più decisi e più ricchi di sensi, possibile muoversi nella direzione dei propri sogni per uscire dalle gabbie strette e soffocanti delle ordinarie convinzioni.

Alina