lunedì 28 settembre 2009

LA LUCE OLTRE LA VITA , R. Moody

Il dottor Michael Grosso è un filosofo, e occupa pertanto una posizione unica nel campo della ricerca sull’esperienza di pre-morte. Anziché compilare dati empirici, come fanno i colleghi scienziati, Grosso indaga sui legami tra le esperienze di pre-morte e le grandi verità filosofiche. E li trova anche: come vedrete di seguito, il dottor Grosso vede una stretta connessione tra le esperienze di questi soggetti e le dottrine dei grandi pensatori, da Platone a Cristo. Tuttavia, non è questa l'unica associazione scoperta da questo filosofo formatosi all’Università della Columbia: quando andai a trovarlo nella sua casa di Riverdale (New York), ero curioso di sentirlo parlare della sua convinzione che le esperienze di premorte siano legate a molti altri fenomeni parapsicologici, come quello della trasmissione del pensiero. «Esistono molte vie d’accesso al mondo dello spirito - disse Grosso, - in gran parte molto più facili della morte».
Per il dottor Grosso, l’esperienza di pre-morte è un barlume di religione aconfessionale, della «religione come la intendeva Dio».
Ecco com’egli si esprime sull’argomento:
V’è in Platone quel mito meraviglioso chiamato «Il Mito della Terra Vera»: ne parla Socrate in prigione, prima di bere il veleno come ultima punizione per aver «corrotto» la gioventù di Atene.
Egli spiega ai suoi seguaci la condizione della «terra vera» e dello spirito, una volta liberato dal corpo. Ecco cosa dice:
Quelli però che sono ritenuti aver condotto una vita di eccezionale moralità... sono coloro i quali verranno liberati e riscattati dal confino in queste regioni terrene, per salire alla pura dimora, stabilendosi sulla superficie della terra. E quelli tra costoro che si saranno sufficientemente
purificati con la filosofia vivranno da allora in poi semplicemente senza un corpo, e raggiungeranno abitazioni ancora più belle, che non è facile descrivere.
Il punto più interessante, nell’opera di Platone, è che, in questo concetto più alto della terra vera, gli esseri umani sono in diretto contatto con gli dei. E' esattamente quanto io ho dedotto dalle esperienze di premorte. Sono convinto che questi soggetti abbiano comunicato con «gli dei» durante l’esperienza e che, pertanto, abbiano molto da insegnarci. Nel periodo in cui studiavo per la cattedra di filosofia ebbi una quantità di esperienze straordinarie, come per esempio quella di vedere un UFO, il che scatenò la mia fantasia.
Cominciai quindi a leggere libri di parapsicologia finché, qualche anno dopo, m’imbattei nei saggi sui fenomeni di pre-morte. Improvvisamente mi trovai a occuparmi di ricerca sull’eventualità di
un’altra vita. Quel che particolarmente mi affascinava, dell’esperienza di premorte, era il fatto che quella gente sembrava essersi recata nella terra vera descritta da Platone, con la differenza che questi erano episodi reali e non simbolici. In pieno ventesimo secolo, qualcuno viveva un’esperienza in perfetta risonanza con le descrizioni della visione platonica! Questo eccitava la mia immaginazione. Mi misi alla ricerca di queste persone: pensavo che la maggior parte di quella gente non fosse disposta a parlare, ma scoprii ben presto che invece erano tutti ansiosi di trovare un orecchio ricettivo. Puntualmente, il soggetto precisava: «Sa, non ne parlo quasi con nessuno!» prima di raccontarmi la sua storia affascinante. Per tutto il tempo, rimanevo incantato: era come sentire la descrizione di un viaggio in un altro paese, in un posto che da
sempre mi spaventava, ma che sapevo che un giorno avrei esplorato io stesso.
Faccio l’esempio di una donna che, durante un parto difficile, ebbe un collasso cardiaco. Mentre i medici s’impegnavano con tutti gli sforzi di rianimarla, il marito (che era presente) fu preso dal panico: era così sconvolto, che sembrava vi fosse un altro paziente in sala operatoria. Comunque, i medici riattivarono il cuore della donna e fecero nascere il bambino con taglio cesareo. La sera, quella donna raccontò al marito di aver lasciato il proprio corpo e di aver assistito dal soffitto a tutto quanto accadeva mentre era «morta»: sebbene fosse ancora intontita, riferì tutto quel che aveva visto, compresa la sua faccia avvilita in un angolo della stanza.
Vi fu un altro signore che mi descrisse con grande vivacità la sua notevolissima esperienza di pre-morte, così completa che andava dall’abbandono del corpo all’esame della vita. Tuttavia, non era tanto l’episodio in se stesso che l’aveva impressionato, quanto le sue conseguenze: era stupito della grande sensibilità acquisita. Prima dell’esperienza, era un uomo duro e bloccato dalla logica; adesso, si ritrovava ad essere molto più malleabile e fantasioso. Il più delle volte la mia reazione era di tipo intellettuale, nel senso che vi vedevo associazioni con cose di ogni genere: per esempio, col Libro tibetano dei morti e con l’esperienza di San Paolo nella Bibbia. Quei racconti evocavano in me un’infinità di reminiscenze culturali, come la storia fantastica di S. Tommaso d’Aquino, il filosofo e teologo dell’undicesimo secolo che impiegò quasi tutta la vita a scrivere profusamente, finché, dopo aver visto la luce, disse: «Tutto ciò che ho scritto è paglia». Smise di scrivere e, nello spazio di un anno, morì misteriosamente.
Dopo aver ascoltato tutte quelle storie, mi resi conto che della gente ordinaria, incolta, non preparata dal punto di vista mistico o filosofico, mi stava dando un barlume del regno dell’anima quale si riscontra soltanto in altre fonti, come gli scritti dei mistici, dei filosofi e dei poeti. Era come sistemare altri pezzi nel puzzle, come focalizzare finalmente un quadro: era questa l’eccitazione che provavo.
A volte mi domando se non sia giusta l’idea dei grandi saggi indù, secondo la quale basta la presenza di un essere altamente evoluto perché il meno evoluto ne ricavi uno scuotimento spirituale... una specie d’imposizione delle mani. A volte mi domando se non sia questa l’attrazione esercitata da questi racconti: trovandoci a contatto con queste persone riceviamo come una carica di energia. E di un’energia, secondo me, addirittura divina. Sono convinto, come molti altri, che avere un’esperienza di premorte significa entrare in una dimensione divina della coscienza umana, latente in ciascuno di noi.
Altri ricercatori hanno suggerito che vi sono altri modi di prendere contatto con questa dimensione della coscienza. Così, in qualche modo, se si parte dal modello teutonico di conoscenza di Platone (secondo il quale la conoscenza è la reminiscenza di cose che già sappiamo), la consapevolezza spirituale è già latente in tutti noi.
Mi domando quindi se il motivo della profonda attrazione esercitata dalle esperienze di pre-morte non sia il fatto che esse sollecitano dei ricordi radicati in noi. E' una specie di ritorno alle
origini: i racconti di esperienze di pre-morte sono come l’eco di qualcosa che è dentro di noi, e non ci stanchiamo mai di sentirli, perché risvegliano in noi questa consapevolezza. Naturalmente, mi sono anche posto dei problemi: come spiegare queste esperienze? Non saranno soltanto un’illusione, un frutto della fantasia? Credo che i casi che mi hanno maggiormente impressionato siano stati quelli in cui era palese l’esperienza extracorporea: di fronte all’accuratezza delle descrizioni, è impossibile ignorarli. Nel complesso, l’esperienza di pre-morte è un evento positivo, che tende a migliorare l’individuo; vi sono tuttavia i casi di esperienza di pre-morte negativa. Ho sempre preso sul serio questi ultimi, chiedendomi perché fossero così limitati. Abitualmente, il
fenomeno ha un effetto positivo come qualsiasi esperienza mistica, ma può essere terribilmente spaventoso al momento.
Permetta che le racconti il caso molto singolare di un giovane che tentò il suicidio: questo ragazzo era sempre stato un buono a nulla e non riusciva a concludere granché. Un giorno, prese un’overdose di medicinali che gli provocò due tipi di esperienze. Dapprima, semplicemente la sofferenza fisica, il disagio e l’orrore di sprofondare nello stato di pre-morte: ebbe un arresto cardiaco e si fece tutto livido. Per pura fortuna, alcuni amici presenti riuscirono a portare sul
posto del personale medico che lo rianimò. Il racconto dell’esperienza di pre-morte di quel ragazzo è il più ossessivo che abbia mai sentito. Mi parlò di esseri orripilanti che lo ghermivano, di un senso di claustrofobia, di ostilità, di terrore: quel racconto faceva pensare all’inferno di Dante. Non v’era nulla di positivo nella sua esperienza: nessun episodio extra-corporeo, nessun essere di luce, nulla di bello o di piacevole. Tuttavia, ne uscì completamente trasformato. Era diventato un altro, e io lo sentivo: v’era in lui una chiarezza, una moralità, un senso di autodeterminazione. Non che fosse particolarmente dotato o ambizioso, ma aveva acquisito un notevole senso di responsabilità. V’è un risvolto interessantissimo nella storia di questo ragazzo:
ero felice di aver potuto registrare il racconto dettagliato di quell’esperienza infernale ma, quando andai per riascoltarlo, si era cancellato tutto. Il registratore, che possedevo da almeno dieci anni, aveva sempre funzionato e ha sempre funzionato in seguito: eppure, la registrazione di quell’esperienza era sparita. Non so come spiegarlo: sarà stata una coincidenza, ma certamente molto strana.
Lo studio delle esperienze di pre-morte ha apportato due cambiamenti in me. Primo, mi sento maggiormente in contatto con la vita, e questo è un effetto liberatorio; l’altro interessante cambiamento deriva dal fatto che il fenomeno consente d’intravedere molte cose associate all’esperienza religiosa: stranamente, quando mi sembra di averne abbastanza di questa roba, mi accorgo che continuo a tornarci sopra per i mille riscontri che essa ha nella mia vita. Gli aspetti religiosi del fenomeno hanno certamente una grande importanza: paradossalmente, molte persone reduci dall’esperienza di pre-morte dicono che il più bel momento della loro vita è stato
quello in cui stavano per morire. Questo fa pensare alle parole di Euripide «Come facciamo a sapere che i vivi non sono morti e i morti non sono vivi?» e suggerisce il capovolgimento totale del comune buon senso. Io lo trovo affascinante, molti invece lo trovano inquietante, angosciante. Io vi trovo qualcosa di surrealistico, e sono sempre stato un ammiratore del surrealismo: in un certo senso, queste esperienze ci suggeriscono che la nostra abituale percezione del mondo potrebbe anche essere invalidata.
Qualcuno ha tentato di spiegare l’esperienza di pre-morte come un meccanismo biologico che interverrebbe in punto di morte. Non accetto questa spiegazione, perché non vedo quale vantaggio ne trarrebbe l’organismo una volta che fosse iniziato il processo di morte irreversibile. Mi è difficile immaginarla come una funzione biologica, perché lo trovo paradossale: quale bene farebbe al corpo un tipo di evoluzione simile? Altra cosa è, invece, l’evoluzione spirituale. Come disse un filosofo: «Il genio è quello che viene fuori quando ci si trova con le spalle al muro». Come società, non v’è dubbio che siamo già con le spalle al muro: il muro del nucleare. Se ci riflettete, non abbiamo più grandi possibilità di sopravvivenza biologica, a meno che non operiamo un’evoluzione spirituale... o un’involuzione: sono infatti convinto che quella che stiamo attuando sia una recrudescenza della conoscenza spirituale che è dentro di noi. Può anche darsi che, nell’incomprensibile schema dell’evoluzione, lo sviluppo di questa tecnologia autodistruttiva stimoli in realtà il risveglio dello spirito; può darsi che l’evoluzione spirituale sia quella che si verifica quando, come specie, non abbiamo una via d’uscita. Penso che sia proprio il rischio dell’autodistruzione massiccia attraverso queste armi incredibilmente sofisticate a provocare il
fenomeno fisico globale cui oggi assistiamo.
Il fenomeno dell’esperienza di pre-morte è soltanto uno dei numerosi esempi di quest’accelerazione nello sviluppo tecnico e intellettuale. Tutti questi eventi dello spirito sono legati a uno stesso filo. ..
Secondo me, v’è una sorta di interrelazione fondamentale tra queste esperienze, tutte manifestazioni del mutamento della coscienza collettiva di fronte all’eventualità dell’annichilimento nucleare. A questo proposito, è interessante notare che il fenomeno degli
UFO è cessato nel 1947, pochi anni dopo la prima bomba atomica e che, contemporaneamente, v’è stato in tutto il mondo un improvviso incremento delle visioni mariane.
Sono inoltre convinto che i cosiddetti fenomeni comunicativi, quelli in cui certuni riescono a parlare con i morti, siano un’altra versione del processo di rivelazione: si potrebbe dire, infatti, che il fenomeno comunicativo sia una facile via d’accesso all’esperienza di
pre-morte, un’apertura allo stesso tipo di conoscenza ma senza pericolo di vita. Secondo me, tutti coloro che hanno questo genere di esperienze passano per la stessa porta, ma in maniere diverse. Questo modo di pensare non ha leso né ha migliorato la mia reputazione nell’ambito professionale. Se alcuni colleghi che insegnano con me presso il Jersey City State College hanno voluto prendere in esame questi fenomeni, per lo meno altrettanti si sono rivelati contrari.
Gli accademici tendono ad associare lo studio di questi avvenimenti a qualcosa di retrogrado, superstizioso e irrazionale: tale atteggiamento non mi ha danneggiato, ma neanche mi ha aiutato. Suppongo che dovrei accontentarmi di questa corretta neutralità.

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