martedì 28 luglio 2009

Lettere dalla terra


Lettere dalla terra

Un esilarante Mark Twain ci trascina dinanzi allo specchio dei nostri più radicati pregiudizi.
NOTA INTRODUTTIVA

L'arcangelo Satana ne ha combinata un'altra delle sue e il Creatore lo punisce con un giorno d'esilio, il Giorno Celeste, che egli decide di scontare sulla Terra appena creata. L'esperienza è così stupefacente che Satana deve dar fondo alle sue pur notevoli risorse intellettuali per suonare credibile ai suoi amici arcangeli, nelle esilaranti Lettere dalla Terra.Il Creatore sedeva sul trono, pensando. Dietro di lui s'apriva, in una gloria di luce e colore, l'illimitato Continente dei Cieli; dinanzi a lui saliva, nera, la notte dello Spazio, come un muro. La Sua figura possente, maestosa e aspra come la montagna, torreggiava nello zenith irradiato dalle lingue di fuoco che la Sua testa divina originava, come un sole lontano. Ai suoi piedi sostavano tre figure colossali, diminuite all'estinzione, quasi, nel confronto - arcangeli - le teste al livello della Sua caviglia.Quando il Creatore ebbe finito di pensare, disse: "ho pensato. Guardate!" Levò la Sua mano e da essa, in una pioggia di fuoco, un milione di soli stupendi esplosero a squarciare le tenebre per poi salire, sempre più lontano, diminuendo in magnitudine e intensità, a penetrare le inviolate frontiere dello Spazio e apparire, infine, null'altro che diamanti sfavillanti sotto la volta immensa dell'universo.Al trascorrere di un'ora il Gran Consiglio fu congedato. Gli arcangeli lasciarono la Presenza impressionati e pensierosi, e si ritirarono in un posto appartato per parlare in libertà. Nessuno dei tre sembrava ansioso d'incominciare, sebbene non aspettassero altro che qualcuno si decidesse a farlo. Ciascuno bruciava dal desiderio di discutere il Grande Evento, ma preferiva non esporsi prima d'aver sentito che ne pensassero gli altri. La conversazione si trascinò vaga e tediosa su questioni di nessuna importanza, finchè l'arcangelo Satana non raccolse il suo coraggio - di cui aveva scorta abbondante - e rompendo gli indugi disse:"Sappiamo che cosa siamo venuti a discutere, miei signori, possiamo dunque mettere da parte le divagazioni e incominciare. Se questa è l'opinione del Consiglio"."Lo è, lo è !" interruppero grati Gabriele e Michele."Molto bene, allora, procediamo. Siamo stati testimoni di una cosa meravigliosa; su questo non ci piove. Quanto al suo valore - se ne ha - non è questione che ci riguardi personalmente. Possiamo pensarne tutto quello che vogliamo, e questo è il nostro limite. Non abbiamo diritto di voto. Io penso che lo Spazio andava bene così com'era, e utile, anche. Freddo e buio - un posto riposante, di quando in quando, dopo una stagione nel clima ultratemperato e negli affaticanti splendori dei cieli. Ma questi sono dettagli di poca importanza; la nuova caratteristica, l'immensa caratteristica, è... cosa, Signori? L'invenzione e l'introduzione della Legge automatica, incontrollata, autoregolante per il governo di quelle miradi turbinanti di soli e di mondi!"Proprio così!" disse Satana. "Si vede subito che è un'idea fantastica. Niente di paragonabile era mai scaturito prima dall'intelletto del Maestro. Legge - Legge Automatica - esatta e invariabile - che non richiede supervisione, nè correzioni nè aggiustamenti mentre le eternità perdurano! Egli ha detto che quegli innumerevoli, immensi corpi celesti percorreranno le lande dello Spazio per epoche e epoche, a velocità inimmaginabili, intorno a orbite fantastiche e senza mai collidere, e senza mai allungare o accorciare i loro periodi orbitali nemmeno della centesima parte di un secondo in duemila anni! Questo è il nuovo miracolo. E il più grande di tutti. Legge Automatica! E ha dato a essa un nome - LEGGE DELLA NATURA - e ha detto che la Legge della Natura è la LEGGE DI DIO - nomi intercambiabili per una, medesima cosa"."Sì", disse Michele, "e ha detto che avrebbe imposto la Legge della Natura - la Legge di Dio - su tutti i Suoi domini, e la sua autorità sarebbe stata suprema e inviolabile". "E poi" disse Gabriele "ha detto che avrebbe presto creato gli animali e avrebbe sottoposto anch'essi all'autorità di quella Legge"."Sì", disse Satana, "l'ho sentito, ma non ho capito. Che cos'è gli animali, Gabriele?" "Mah, e come faccio a saperlo? Come facciamo a saperlo? È una parola nuova".
Intervallo di tre secoli, tempo celeste - equivalenti a cento milioni di anni, tempo terrestre - Entra un Angelo Messaggero]
"Miei signori, sta facendo gli animali. Gradireste venire a vedere?"Andarono, videro, e ne furono perplessi. Profondamente perplessi - e il Creatore notò la loro perplessità, e disse: "Chiedete. Risponderò". "Divino" disse Satana, accompagnando la domanda con un gesto di riverenza, "a che servono?""Sono un esperimento di Morale e Condotta. Osservali, e impara".Ce n'erano a migliaia. Tutti in piena attività. Impegnati, tutti impegnati - principalmente a perseguitarsi l'un l'altro. Commentò Satana, dopo averne esaminato uno con un potente microscopio:"quella grossa bestia uccide gli animali più deboli, Divino". "La tigre, sì. La Legge della sua natura è la ferocia. La Legge della sua Natura è la Legge di Dio. Essa non può disubbidirla"."Nell'ubbidire la Legge, dunque, Divino, essa non commette peccato?" "No, essa è senza colpa". "Quest'altra creatura, qui, è timida, Divino, e patisce la morte senza resistere" "Il coniglio, sì. Esso è senza coraggio. È la legge della sua natura - la Legge di Dio. Deve obbedirla". "Dunque a esso non è dato di contrastare onorevolmente la sua natura e resistere, Divino?""No. A nessuna creatura è dato di contrastare onorevolmente la legge della sua natura - la Legge di Dio".Dopo molto tempo e molte domande, Satana concluse: "Il ragno uccide la mosca e se la mangia; l'uccello uccide il ragno e se lo mangia, il gatto selvatico uccide l'oca; il... beh, tutti si uccidono l'un l'altro. È assassinio su tutta la linea. Una moltitudine infinita di creature che uccidono, uccidono, uccidono. Una moltitudine di assassini. E non sono da condannare, Divino?""Non sono da condannare. È la Legge della loro natura. E sempre, la Legge della natura, è la Legge di Dio.Attento, adesso - guarda! Una nuova creatura - Il capolavoro - l'Uomo!"Uomini, donne, bambini apparvero sciamando in greggi, mandrie, milioni. "Che ne farai, Divino?" "Immetterò in ciascuno, con gradazioni e intensità diverse, tutte le Qualità Morali, in massa, che sono state distribuite, una singola distintiva caratteristica per volta, nel mondo animale non parlante: coraggio, codardia, ferocia, gentilezza, onestà, giustizia, furbizia, slealtà, magnanimità, crudeltà, cattiveria, malignità, concupiscenza, pietà, compassione, purezza, egoismo, dolcezza, onore, amore, odio, bassezza, nobiltà, lealtà, falsità, sincerità, mendacia. Ogni essere umano avrà in se tutte queste Qualità Morali, e esse costituiranno la sua natura. In alcuni, vi saranno alte e nobili caratteristiche che sommergeranno quelle cattive, e questi saranno chiamati Buoni; in altri le caratteristiche negative avranno il predominio, e quelli saranno chiamati Cattivi.Attento... guarda... svaniscono!" "Dove sono andati, Divino?" "Sulla terra, con i loro compagni animali"."Che cos'è la terra?" "Un piccolo globo che feci uno, due tempi e mezzo fa. Lo vedesti ma non lo notasti nell'esplosione di mondi e di soli che si sprigionarono dalla mia mano. L'uomo è un esperimento, gli altri animali sono un altro esperimento. Il tempo dirà se ne sarà valsa la pena. La dimostrazione è finita. Potete prendere congedo, miei Signori".Trascorsero diversi giorni. Ciò sta per un lungo intervallo di (nostro) tempo, chè in Paradiso un giorno è mille anni. Satana aveva fatto commenti ammirati su alcune delle brillanti opere del Creatore - commenti i quali, tra le righe, erano veri e propri sarcasmi. Lo aveva fatto riservatamente, tra i suoi amici fidati, gli altri arcangeli, ma erano stati raccolti da alcuni angeli ordinari e riportati in Direzione.Fù punito con un giorno di esilio - il Giorno Celeste. Era una punizione a cui era aduso, a causa della sua lingua disinvolta. In passato era stato deportato nello Spazio, essendo altre destinazioni inesistenti, e aveva svolazzato annoiato nel freddo glaciale della notte eterna; ma stavolta gli venne in mente di cercare la terra e vedere come procedeva l'esperimento della Razza Umana.In seguito scrisse a casa - molto riservatamente - le sue osservazioni a San Michele e a San Gabriele.
LETTERA DI SATANA
Questo è un luogo strano, un luogo straordinario, e interessante. Non c'è nulla che ricordi casa nostra. Gli uomini sono tutti pazzi, gli altri animali sono tutti pazzi, la terra è pazza, la Natura stessa è pazza. L'uomo è una meravigliosa curiosità. Nel suo stato migliore ricorda un angelo di bassa lega; nel suo stato peggiore è indescrivibile, inimmaginabile; e è sempre e comunque un sarcasmo totale. Eppure, in tutta sincerità e naturalezza egli chiama se stesso la «più nobile creatura di Dio». È la verità che vi dico. E questa sua idea non è recente: egli ne parla in ogni epoca, convinto, senza che alcuno della sua razza vi abbia mai trovato nulla da ridere. Inoltre - se posso chiedervi ancora uno sforzo - egli crede di essere il beniamino del Creatore. Crede che il Creatore sia orgoglioso di lui; crede perfino che il Creatore lo ami, nutra per lui una passione, passi le notti alzato a ammirarlo; sì, e vegli su di lui per tenerlo fuori dai guai. Gli indirizza le sue preghiere, e pensa che Egli l'ascolti. Non è un'idea bizzarra? Farcisce le sue preghiere ora di rozze, ora di spoglie ora di fiorite adulazioni, e pensa che Egli se ne stia assiso a compiacersi di quelle stravaganze. Prega per invocare aiuto, e favori, e protezione, ogni giorno; e lo fa con speranza e fiducia, sebbene non una delle sue preghiere abbia mai ottenuto risposta. L'affronto quotidiano, la sconfitta quotidiana non lo scoraggiano; egli continua con il medesimo impegno. C'è qualcosa di quasi nobile in questa sua perseveranza.Debbo darvi un altro colpo: egli pensa che andrà in paradiso! Ha maestri stipendiati che glielo dicono. E gli dicono anche di un inferno, di fuoco eterno, e è colà che finirà se non osserva i Comandamenti. Che cosa sono i Comandamenti? Una curiosità di cui vi dirò presto.

LETTERA II
Non c'è niente di quanto v'ho detto dell'uomo che non sia la verità. Dovete perdonarmi se ripeto, di quando in quando, questa notazione nelle lettere; voglio che prendiate sul serio quanto vi dico e sento che s'io fossi al vostro posto e voi nel mio avrei bisogno anch'io, ogni tanto, di essere rassicurato per impedire alla mia credulità di vacillare. Chè non c'è nulla, dell'uomo, che non possa non apparire strano a un immortale. Egli non guarda a nulla come lo guardiamo noi, il suo senso della misura è alquanto diverso dal nostro, e la sua scala dei valori così divergente dalla nostra che con tutte le nostre vaste capacità intellettuali è improbabile che anche il più dotato tra noi arriverebbe mai a comprenderla abbastanza.
Per esempio, prendete questo fatto: Ha immaginato un paradiso, e ha interamente escluso da esso la più ambita tra le sue delizie, l'estasi che occupa il posto più importante nel cuore di ogni individuo della sua razza - e della nostra - il sesso! È come se a un moribondo perduto nel deserto cocente un soccorritore offrisse di scegliere e ottenere qualsiasi cosa tranne una, e costui scegliesse di omettere l'acqua.
Il suo paradiso è come lui: strano, interessante, stupefacente, grottesco. Vi dò la mia parola, non contiene una sola caratteristica che egli apprezzi veramente. Esso consiste, completamente e interamente, di diversivi di cui sulla terra non gli importa quasi niente, eppure è convinto di apprezzarli in paradiso. Non è curioso? Non è interessante? Non dovete pensare ch'io stia esagerando; non è così. Ve ne darò i dettagli. La maggioranza degli uomini non cantano, la maggioranza degli uomini non sanno cantare, la maggioranza degli uomini non sopportano di stare dove altri cantano per più due ore. Annotatelo. Solo due uomini su cento sanno suonare uno strumento musicale, e meno di quattro su cento hanno voglia d'imparare. Appuntatelo. Molti uomini pregano, non a molti piace farlo. Qualcuno prega a lungo, gli altri tagliano corto. Vanno in Chiesa più uomini di quanti lo desiderino. Per nove uomini su dieci il giorno di messa è un giorno di deprimente, mortale noia. Di tutti gli uomini in una chiesa alla domenica, due terzi si stancano a metà della funzione, il resto prima della conclusione. Il momento per tutti più lieto è quando il prete leva le mani per la benedizione, allorché è possibile cogliere il mormorio soffuso del sollievo percorrere la casa eloquente di gratitudine. Ogni nazione guarda dall'alto le altre nazioni. Ogni nazione avversa tutte le altre nazioni.Tutte le nazioni bianche disprezzano le nazioni colorate, di qualunque tinta, e le opprimono appena possono. Gli uomini bianchi non s'associano coi negri nè li sposano, e precludono a essi le loro scuole e le loro chiese.Tutto il mondo odia l'ebreo, e lo sopporta solo quando è ricco. Vi chiedo di annotare tutti quei particolari.E poi. Tutte le persone normali detestano il rumore.
Tutte le persone, normali o anormali, amano la varietà nella vita. La monotonia le consuma velocemente. Ogni uomo, in virtù della quota d'intelletto che gli è toccata in dote, esercita la sua intelligenza costantemente, incessantemente e questo esercizio rappresenta una parte essenziale e preziosa della sua esistenza. L'intelletto più modesto, come il più elevato, possiede una capacità di qualche sorta e prova grande piacere nell'esercitarla, provarla, perfezionarla. Il monello che comanda i compagni nel gioco, è diligente e entusiasta nel suo esercizio quanto lo scultore, il pittore, il pianista, il matematico e tutti gli altri. Non uno di essi potrebbe essere felice se il suo talento venisse interdetto.
Adesso, dunque, avete i fatti. Sapete quello che piace e non piace alla razza umana. Essa ha inventato un paradiso, tutto con la propria testa, tutto da sola: indovinate com'è! Non ci riuscireste in mille e cinquecento eternità. La mente più brillante che conosciamo non ci riuscirebbe in cinquanta milioni di eoni. Molto bene! Ve lo racconto io.
1. Richiamo anzitutto alla vostra attenzione il fatto straordinario con il quale ho incominciato, e cioè che l'essere umano, al pari degli immortali, pone naturalmente il Sesso di gran lunga al di sopra di tutte le altre gioie - eppure lo ha escluso dal suo paradiso! Il solo pensiero lo eccita, l'occasione lo rende selvaggio; in quello stato è disposto a rischiare la vita, la reputazione, tutto - anche quel suo strano paradiso - pur di concretizzare quell'occasione e cavalcarla sino al culmine. Dall'adolescenza alla maturità tutti gli uomini e tutte le donne pongono la copulazione al di sopra di tutti gli altri piaceri combinati, eppure è proprio come v'ho detto: non è prevista nel loro paradiso; la preghiera ne prende il posto. La tengono in così alta considerazione eppure, come tutte le loro cosiddette «benedizioni» non vale un granchè. Al suo meglio, in intensità e durata, l'atto è breve al di là di ogni immaginazione - l'immaginazione d'un immortale, voglio dire. Quanto a capacità di replica, poi, l'uomo è limitato - oh, alquanto al di là della concezione d'un immortale. Noi che prolunghiamo l'atto e le sue estasi supreme senza fermate e ritirate per secoli, non arriveremmo mai a compatire adeguatamente la spaventosa povertà di questa gente in quel ricco dono il quale, posseduto come noi lo possediamo, rende tutte le altre ricchezze così triviali da non valere la pena di un inventario.
2. Nel paradiso dell'uomo cantano tutti. L'uomo che non cantava sulla terra canta in paradiso; l'uomo che non sapeva cantare sulla terra sa cantare in paradiso. Questo concerto universale non è improvvisato, non è occasionale, non è alleviato da intervalli di quiete; esso perdura, tutto il giorno, ogni giorno, lungo una sessione di dodici ore. E restano tutti; quando sulla terra in due ore sarebbe il deserto. Il canto è di soli inni. Nah, di un solo inno. Le parole sono sempre le stesse, in numero appena circa una dozzina, e non c'è rima, non c'è poesia:
"Osanna, osanna, osanna, Signore Iddio del
Sabaoth, 'rah! 'rah! 'rah! siss!-- bum!.... aa-ah!"
3. Nel contempo ciascuno suona un'arpa - quei milioni e milioni! - quando sulla terra non più di venti su mille sapevano suonare uno strumento o avessero mai desiderato farlo. Provate a immaginare l'assordante uragano di suoni - milioni e milioni di voci che strillano e milioni e milioni di arpe che digrignano i denti all'unisono! Vi chiedo: non è atroce, non è odioso, non è orribile? Considerate poi che è una cerimonia di omaggio, lusinga, adulazione! Non mi chiedete chi è che è disposto a sopportare questo strano omaggio, questo folle omaggio; e non solo lo sopporta ma lo apprezza, ne gode, lo richiede, lo comanda? Trattenete il fiato! È Dio! Il Dio di questa razza, voglio dire. Se ne sta seduto sul suo trono, assistito dai suoi ventiquattro saggi e da altri dignitari della sua corte e volge il suo sguardo su chilometri e chilometri di questi suoi tempestosi adoratori e sorride, e fa le fusa, e annuisce la sua soddisfazione a nord, a est, a sud; uno spettacolo ingenuo e bizzarro quale mai sia stato ancora immaginato in questo universo. Almeno credo.
È facile vedere come l'inventore del paradiso non sia all'origine dell'idea, ma debba averla importata dalla coreografia cerimoniale di qualche piccolo, melanconico staterello sperduto in qualche angolo remoto dell'Oriente. Tutti gli uomini normali di razza bianca detestano il rumore; eppure accettano tranquillamente quella fatta di paradiso - senza riflettere, senza eccezioni, senza analisi - e vogliono veramente andarci! Vecchi devoti dalla testa grigia passano gran parte del loro tempo a sognare del giorno felice in cui potranno finalmente lasciare le preoccupazioni della vita per tuffarsi nelle gioie di quel posto. Appare evidente, tuttavia, quanto irrealistica debbano essi considerare quella prospettiva, chè nessuno si prepara al grande passo: non si vede mai nessuno con un'arpa, non si sente mai nessuno cantare.
Come avete visto, quel singolare spettacolo è una cerimonia di lode: lode con inni, lode con prostrazione. Prende il posto della «messa». Ordunque, qui in terra questa gente non sopporta molta messa - un'ora e un quarto è il limite, e il confine è posto a una volta a settimana, vale a dire alla domenica. Un giorno su sette, e anche allora non si struggono nell'attesa. E così - sentite cosa prevede il loro paradiso: «messa» che dura per sempre e una domenica che non ha fine. Quella breve celebrazione
settimanale li consuma velocemente, eppure agognano quella eterna, la sognano, ne parlano, pensano di pensare che gli piacerà - in tutta la semplicità dei loro cuori pensano di pensare che una volta lassù saranno felici! La verità è che gli uomini non pensano punto; essi pensano di pensare. Meno di due esseri umani su diecimila sono attrezzati per pensare. E quanto a immaginazione - beh! guardate il loro paradiso! Lo accettano, lo approvano, lo ammirano. Questo vi dà la cifra del loro intelletto.
4. L'inventore del loro paradiso riversa in esso tutte le nazioni della Terra in un grande, comune afflato. Tutte in eguaglianza assoluta, nessuna a prevalere sull'altra; debbono essere «fratelli», mescolarsi, pregare insieme, arpeggiare insieme, osannare insieme - bianchi, negri, ebrei, tutti - non ci sono distinzioni. Qui sulla terra ogni nazione odia l'altra, e tutte odiano l'ebreo. Eppure ogni persona pia adora quel paradiso e intende andarci. Lo vuole veramente. E quando è rapito nel furore della santità egli pensa di pensare che se solo fosse là porterebbe tutti i popoli al suo cuore in un abbraccio senza fine. È una meraviglia - l'uomo, dico! Vorrei proprio sapere chi l'ha inventato.
5. Ogni uomo sulla terra possiede una quota d'intelletto, grande o piccola, e, grande o piccola che sia, egli ne va orgoglioso. Il suo petto si gonfia alla menzione dei nomi dei grandi esponenti dell'intelletto della sua razza, e ama il racconto delle loro splendide conquiste. Chè egli è del loro sangue, e onorando se stessi hanno onorato lui. Guarda di che cosa è capace la mente dell'uomo! Declama; e snocciola l'elenco degli uomini llustri di tutte le epoche; e decanta la letteratura immortale che hanno regalato al mondo, e le meraviglie meccaniche che hanno inventato, e le altre glorie con cui hanno ammantato le scienze e le arti; e si scopre il capo davanti a loro, come con i Re, e rende loro omaggio il più profondo e sincero di cui il suo cuore esultante sia capace, esaltando così l'intelletto al di sopra di ogni altra cosa nel suo mondo, incoronandolo sul trono più alto sotto l'arco dei cieli in un'irraggiungibile supremazia. E poi concepisce un paradiso senza uno straccio d'intelligenza in alcun luogo! Non è strano, non è curioso, non è incomprensibile? È esattamente come ho detto, per quanto incredibile possa suonare. Questo sincero adoratore dell'intelletto, generoso riconoscitore dei suoi potenti servigi sulla terra ha inventato una religione e un paradiso che non accordano all'intelletto alcun rispetto, non offrono a esso riconoscimenti, non riservano a esso spazio alcuno: in realtà non ne fanno neppure menzione. A questo punto vi sarete resi conto che il paradiso degli esseri umani è stato pensato e costruito secondo un piano ben definito, e che questo piano prevede che esso abbia a contenere, fin nel dettaglio più accurato, ogni cosa possibile e immaginabile che sia repulsiva per l'uomo, e non una che egli apprezzi!
Molto bene, più andremo avanti e più questo fatto curioso si farà evidente. Annotatelo: nel paradiso dell'uomo non sono previsti esercizi per l'intelletto, nulla da cui esso possa trarre alimento. Vi marcirebbe in un anno - marcirebbe e puzzerebbe. Marcirebbe e puzzerebbe - e a questo punto diverrebbe santo. Una vera benedizione, chè solo un santo potrebbe sopportare le gioie di quel bailamme.
LETTERA III
Avete notato che l'essere umano è una curiosità. In passato ha avuto (usato e buttato) centinaia e centinaia di religioni; oggi ha centinaia e centinaia di religioni e ne lancia non meno di tre nuove ogni anno. Potrei aumentare il numero e restare nei fatti.
Una delle sue religioni principali è chiamata cristiana. Un suo profilo vi interesserà. È articolata in dettaglio in un libro di due milioni di parole chiamato Vecchio e Nuovo Testamento. Il libro ha anche un altro nome - Il Verbo di Dio, perchè il cristiano crede che ogni sua parola fu dettata direttamente da Dio - quello di cui vi dicevo. È molto interessante. Contiene nobile poesia, alcune favole geniali; un pò di storia inzuppata di sangue; qualche buona morale; un'abbondanza di oscenità e oltre un migliaio di bugie. Questa Bibbia è costruita essenzialmente con frammenti di Bibbie più antiche che avevano avuto i loro giorni prima di cadere in rovina. Per questo difetta in modo evidente di originalità. Necessariamente. I tre o quattro eventi più impressionanti e spettacolari erano già accaduti in Bibbie antecedenti; tutti i suoi migliori precetti e regole di condotta importati dalle medesime. Vi sono, in essa, solo due cose originali: l'inferno, e quel paradiso singolare di cui vi dicevo.
Cosa dovremmo fare? Se credessimo, con questa gente, che il loro Dio abbia inventato queste crudeltà lo diffameremmo; se credessimo che le abbia inventate questa gente diffameremmo loro. È in ogni caso uno spiacevole dilemma, dato che nessuna delle parti ci ha fatto niente di male. Per amor di tranquillità prendiamo partito.
Schieriamoci con la gente e mettiamo l'intero sgradevole fardello su di lui - paradiso, inferno, Bibbia e il resto. Non sembra giusto, non sembra corretto; eppure quando si pensi a quel paradiso così pesantemente carico di tutto quanto sia repulsivo all'essere umano, come pensare che l'abbia inventato un essere umano! E quando arriverò a dirvi dell'inferno, la vostra sorpresa sarà ancora più grande e probabilmente direte: no! Un uomo non potrebbe concepire un posto simile, per se o nessun altro; non potrebbe, semplicemente.
Quella Bibbia innocente racconta della Creazione. Di che cosa - dell'universo? Si, l'universo. In sei giorni! Per mano di Dio. Non lo chiamò universo - questo nome è moderno. Tutta la sua attenzione fu rivolta a questo mondo. Lo costruì in cinque giorni - e poi? Gli ci volle un sol giorno per fare venti milioni di soli e ottanta milioni di pianeti! A che cosa dovevano servire - secondo la sua idea? A fornire la luce per il suo piccolo mondo-giocattolo. Fu questo l'unico proposito; non ne ebbe altri. Uno dei venti milioni di soli (il più piccolo) doveva servire a illuminarlo durante il giorno, il resto a aiutare una delle innumerevoli lune dell'universo a attenuare il buio delle sue notti.
È abbastanza evidente che egli s'aspettasse di vedere i suoi cieli appena creati rutilanti di stelle fin dal momento in cui il sole del primo giorno fosse affondato all'orizzonte; e invece non una di esse fece capolino nella volta oscura se non tre anni e mezzo dopo la chiusura dei cantieri di quella memorabile settimana. Poi ne apparve una, sola soletta, e incominciò a brillare. Tre anni dopo ne apparve un'altra. Le due brillarono insieme per più di quattro anni prima che una terza s'aggregasse a loro. Dopo i primi cento anni meno di venticinque stelle punteggiavano le lande sconfinate di quei cieli deprimenti. Al trascorrere di mille anni non si vedevano ancora abbastanza stelle per montare uno spettacolo. Un milione di anni più tardi solo la metà dell'attuale schieramento aveva inviato la propria luce oltre le frontiere telescopiche, e ci volle un altro milione di anni perché il resto facesse lo stesso, come recita il detto volgare. E non essendoci allora il telescopio, il loro avvento andò inosservato. Da trecento anni, ormai, l'astronomo cristiano sa che la sua Divinità non fece le stelle in quei sei incredibili giorni, ma l'astronomo cristiano evita di approfondire quel dettaglio. E così il prete.
Nel suo Libro Dio è eloquente nell'apprezzamento delle sue opere maestose e non lesina, per esse, gli aggettivi più altisonanti che riesce a trovare, in segno della sua alta e giusta ammirazione per la magnitudine - eppure creò quei milioni di soli prodigiosi per illuminare questo minuscolo globo, invece di porre il sole di questo piccolo globo al servizio di quei soli prodigiosi. Nel suo Libro egli menziona Arturo - vi ricordate Arturo; ci siamo stati, una volta. È una delle lampade notturne di questa terra - quel globo gigantesco cinquantamila volte più grande del sole di questa terra al quale si confronta come un melone a una cattedrale. Ebbene, alla Scuola della domenica insegnano ancora ai bambini che Arturo fu creata per contribuire a illuminare la terra, e il bambino cresce e continua a crederlo per molto tempo anche dopo aver scoperto che le probabilità contrastano quella versione. Secondo il Libro e i suoi mentori l'universo ha solo seimila anni. È solo negli ultimi cento anni che menti studiose e curiose hanno scoperto che la sua età è piuttosto prossima ai cento milioni.
Durante i Sei Giorni Dio creò l'uomo e gli altri animali. Fece un uomo e una donna e li mise in un piacevole giardino insieme alle altre creature. Per un pò vissero tutti insieme nell'armonia e nella felicità della loro fiorente giovinezza; poi arrivarono i guai. Dio aveva avvertito l'uomo e la donna di non mangiare del frutto di un certo albero. E aveva aggiunto uno strano commento: egli disse che se avessero mangiato di quel frutto sarebbero certamente morti. Strano per la ragione che, non avendo mai visto prima un esempio di morte, essi non avrebbero potuto capire di che cosa egli stesse parlando. Né avrebbe egli, o qualsiasi altro Dio, potuto chiarirne a quei giovinetti ignoranti il significato senza fornirgli un esempio. Le mere parole non avrebbero potuto avere per essi significato diverso di quanto ne avrebbero avuto per un infante di giorni. Poco dopo un serpente li avvicinò in privato, avanzando in posizione eretta, all'uso dei serpenti di quei tempi. Il serpente gli disse che il frutto proibito avrebbe colmato le loro menti vuote con la conoscenza. Essi ne mangiarono, il che fu abbastanza naturale essendo l'uomo concepito in modo che egli desideri ardentemente conoscere; mentre il prete, come Dio, del quale è imitatore e rappresentante, ha fatto dell'impedire a esso di imparare qualsiasi cosa utile il proprio ufficio sin dal principio. Adamo e Eva mangiarono il frutto proibito, e all'improvviso una grande luce penetrò le loro menti ottenebrate. Avevano acquisito la conoscenza. Che conoscenza - conoscenza utile? No - solo conoscenza che c'era una certa cosa chiamata Bene, e una certa cosa chiamata Male, e come commettere il male. In precedenza non potevano commetterlo. Tutti i loro atti prima di allora erano stati senza macchia, senza colpa, senza peccato. Ma adesso potevano commettere il male - e soffrire per esso; adesso avevano acquisito quello che la Chiesa considera un bene inestimabile, il Senso Morale; quel senso che differenzia l'uomo dalla bestia e lo pone al di sopra della bestia. Invece che al di sotto della bestia - che si dovrebbe supporre la collocazione più appropriata, dato che egli è sempre sporco di mente e colpevole e la bestia sempre pura di mente e innocente. È come valutare un orologio che deve andare male più di uno che non può andar male.
Ancora oggi la Chiesa stima il Senso Morale la più grande richezza dell'uomo, pur sapendo quanto Dio l'avesse in scarsa considerazione e abbia fatto il possibile, nel suo stile maldestro, per risparmiarlo ai suoi fanciulli felici del Giardino. Molto bene, adesso Adamo e Eva conoscevano il male e sapevano come farlo. Sapevano come fare una varietà di cose cattive, e tra queste una più di altre - quella che più di altre aveva occupato la Divina attenzione: l'arte e il mistero del rapporto sessuale. Fu per essi una magnifica scoperta, e presto smisero di bighellonare nell'ozio per dedicare all'esercizio tutta le loro energie, povere, esultanti giovani cose! Nel mezzo di una di quelle celebrazioni sentirono Dio passeggiare nel bosco, com'era sua abitudine pomeridiana, e furono paralizzati dalla paura. Perchè? Perchè erano nudi. Non se ne erano mai avveduti prima. Non se n'erano mai curati prima. E nemmeno Dio. In quel momento memorabile era nato il pudore, e da allora taluni l'hanno sempre tenuto in grande considerazione anche se di certo avrebbero seri problemi a spiegarne il perché. Adamo e Eva erano venuti al mondo nudi e senza vergogna - nudi e puri di mente, e nessuno dei loro discendenti l'ha mai fatto in altro modo. Tutti nudi, senza vergogna e puri di mente. Dovettero tutti imparare la vergogna, e a insozzare la propria mente; non c'è mai stata altra maniera. Il primo dovere di una madre cristiana è quello di sporcare la mente del proprio piccino, e ella non lo trascura. Il suo pargolo cresce, e si fa missionario, e si reca dall'innocente selvaggio e dal civilizzato giapponese e sporca le loro menti. E dal momento che il concetto di pudore è assimilato, essi ricoprono i loro corpi e smettono di bagnarsi nudi insieme. La convenzione impropriamente chiamata pudore non ha metro, e non potrebbe, essendo essa contraria alla natura e alla ragione, dunque un'artificialità soggetta al capriccio di ognuno, al capriccio malato di ognuno. E così in India la donna raffinata nasconde la faccia e i seni e lascia scoperte le gambe dall'anca in giù, mentre la gentildonna europea copre le gambe e mette in mostra la faccia e i seni. Nelle terre abitate dagli innocenti selvaggi la gentildonna europea s'adatta presto alla nudità completa dei nativi e cessa di sentirsene offesa. Nel diciottesimo secolo un conte e una contessa francesi molto raffinati - senza legami di parentela - naufragarono su un'isola deserta vestiti solo degli indumenti da notte. Presto restarono completamente nudi, e pieni di vergogna - per una settimana. Poi la vergogna scemò e dopo un po' smisero di pensarci. Non avete mai visto una persona vestita? Orbene, non avete perso niente.
Ma andiamo avanti con le curiosità Bibliche. Naturalmente avrete supposto che alla minaccia di punire Adamo e Eva per la loro disubbidienza non fu poi dato seguito, visto che non avevano creato se stessi, nè la loro natura, nè i loro impulsi, nè le loro debolezze, e dunque non erano propriamente soggetti al comando di alcuno, o responsabili verso alcuno dei propri atti. Vi sorprenderà sapere che la minaccia fu eseguita. Adamo e Eva furono puniti, e quel crimine trova tuttora giustificazione. La sentenza di morte fu eseguita. Come avrete intuito, l'unico responsabile per il delitto della coppia la fece franca, e non solo la fece franca ma si trasformò nel boia degli innocenti. Nel vostro e mio paese ci verrebbe fatto il privilegio di ironizzare di questo genere di moralità, ma sarebbe inopportuno farlo qui. Molte di queste persone hanno facoltà di ragione, ma nessuno sembra disposto a farne uso quando si tratta di religione. Le menti migliori vi diranno che quando un uomo genera un figlio egli è moralmente tenuto a accudirlo teneramente, proteggerlo dal dolore e dalle malattie, vestirlo, sfamarlo, capirlo, a non levare la mano su di esso se non in atto d'affetto e per il suo proprio bene e mai, in ogni caso, farlo oggetto di gratuita crudeltà. Il trattamento che Dio riserva ai suoi figli terreni, ogni giorno e ogni notte, è l'esatto opposto di tutto questo, eppure quelle menti brillanti s'accaldano a giustificare quei crimini, li condonano, li scusano e rifiutano con sdegno di considerarli crimini affatto se a commetterli è lui. Il nostro è un paese interessante, ma niente da noi è interessante quanto la metà della mente umana.
Molto bene, Dio cacciò Adamo e Eva dal Giardino, e poi li assassinò. Tutto per aver disubbidito a un comando che non aveva alcun diritto di pronunziare. Ma non è tutto, come vedrete. Egli ha un codice morale per se e uno alquanto diverso per i suoi figlioli. A essi chiede di trattare con giustizia e tolleranza i peccatori e di perdonarli settanta-e-sette volte, mentre egli non tratta con tolleranza e giustizia nessuno e non fù capace di perdonare a quella prima coppia di giovani ignoranti e sprovveduti il loro primo piccolo peccato dicendo: «per questa volta andate, voglio darvi un'altra possibilità». Al contrario! Egli elesse di punire i loro figli di tutte le epoche fino alla fine del tempo per un peccato insignificante commesso da altri prima ancora che fossero nati. La punizione è ancora in atto. In forme attenuate? No, in forme atroci. Voi non arrivereste a supporre che un Essere di quella fatta possa ricevere molti complimenti. Ricredetevi: il mondo lo chiama il Giustissimo, il Virtuosissimo, il Buonissimo, il Pietosissimo, l'Indulgentissimo, l'Onestissimo, l'Affettuosissimo, Fonte di ogni Moralità. Questi sarcasmi sono pronunziati ogni giorno, in tutto il mondo. Ma non con intento sarcastico. No, sono pronunziati seriamente, senza sorridere.

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